Bene! Tutti questi input mi hanno spinto a scrivere questa postilla che quindi andrà letta come integrazione al succitato post "Esoterik Satie", quest'ultimo è stato volutamente scritto di getto, anche se avevo ben in mente gli argomenti da affrontare, e si è avvalso di un linguaggio molto più libero rispetto ai post precedenti e, credo, a quelli futuri. Quindi ho sentito la necessità di aggiungere qualcosa di più "tangibile".
Ho preso spunto dall'analisi di alcune opere di Satie fatta da Cristina Cano in "Erik Satie: calligrafa e nonsenso", testo inserito nella raccolta intitolata "Erik Satie. L'idea non ha bisogno dell'arte" edito da Casanova e Chianura Edizioni del 2010.
In questo articolo la Cano analizza il brano Choses vues a droite et a gauche (sans lunette), una composizione del 1914 per pianoforte e violino. La Suite è divisa in tre parti: Choral hypocrite, Fugue à tâtons e Fantaisie musculaire. Il compositore ha qui 46 anni ed ha appena (!) finito i suoi studi con Vincent D'Indy presso la Schola Cantorum di Parigi, un Conservatorio privato di Parigi dove si studiava soprattutto polifonia barocca e classica, canto gregoriano e contrappunto rinascimentale.
Il brano in questione risente quindi della recente esperienza ed è in effetti una specie di banco di prova in cui le regole formali e strutturali derivate dai modelli classici vengono al contempo osservate rigorosamente e deformate in modo personale e liberissimo.
Eviteremo di commentare le indicazioni esecutive e gli scritti lasciati da Satie sulla partitura per concentrarci sulla struttura.
Choral hypocrite
Il brano è composto da 10 battute in un 4/4 regolarissimo con indicazione "Grave". Ritmicamente semplicissimo. Ciò che mi ha colpito è l'armonia. Non ci sono alterazioni in chiave (ma ci sono le stanghette di separazione delle battute, per Satie è già tanto!), l'impianto tonale sembrerebbe aggirarsi intorno al Do maggiore anche se non ci sono mai cadenze su questo accordo. Penso al Do perché anche nel brano successivo, la Fugue à tâtons si "ostenta" un banalissimo Do Maggiore, la tonalità "facile" in contrasto le complicazioni studiate nella Schola Cantorum.
Batt 1 e 2 - gli accordi sono Mi Maggiore-Fa-La7-Re6-Re senza la terza. Tutto fa pensare alla tonalità di re maggiore ma Satie lascia l'accordo finale sfornito della terza.
Batt 3 e 4 - ci sembra di individuare una progressione armonica Sol7-Do aumentato-Lam-Re4 poi tutto viene spezzato da un Do raddoppiato in ottava al basso del pianoforte, sull'ottava tenuta del Re del violino e poi una mancata consolazione sul Mi7 a fine battuta.
Notiamo la presenza della corona alla fine di ogni gruppo di due battute, anche qui una forzatura "anti-accademica".
Batt 5 e 6 - Appare il nostro Do ma dissonantissimo con la settima minore e poi con la Sesta che fanno virare verso il Fa maggiore che lascia spazio ad un possibile "contraccordo" di La minore9, anche questo senza la terza. Qui siamo già molto lontani da tutto ciò che riguarda l'armonia di un Corale.
Batt 7 e 8 - il famoso diabulus si/fa è qui esposto in bella vista ad inizio battuta, il basso scende finalmente verso il Do, anche con il fa del violino che si adagia dolcemente sul mi per completare la triade perfetta ma niente! Non è arrivato il momento del riposo, ci fermiamo sul Sol9, abbiamo la speranza di aver trovato almeno la Dominante.
Batt. 9 e 10 Gli accordi del piano sono ancora più ricchi di settime e none, il Mi7/9minore si rilassa sul Fa maggiore che si trasforma in Fa# diminuito interpretabile come rivolto del Re7, possibile Dominante della Dominante, ed infatti ecco un accordo di Sol! Andiamo avanti? No! Il Brano è finito, rimaniamo con questo Sol anch'esso sprovvisto di terza ma con un bel intervallo di quarta che ci lascia tutti sospesi.
Cosa ci vuol dire Satie? Io credo che il messaggio sia chiaro, le regole ci sono, si possono seguire ma semplicemente si preferisce fare altro.
Fugue à tâtons
Qui faremo appello oltre all'analisi della Cano anche all'interpretazione analitica di Cage che, come scrivevo nel post precedente, sottolinea l'importanza dello studio delle strutture utilizzate da Satie, strutture che anticipano secondo il compositore americano il metodo "seriale" di Webern.
Andiamo a vedere:
Batt 1/8 esposizione del "soggetto", dovremmo chiamarlo così solo che scorrendo lo spartito ci accorgiamo che non si tratta di una vera fuga, manca il controssoggeto, mancano le regole armoniche classiche, manca l'andamento ritmico di "rincorsa" tra un tema ed un altro. Ci accorgiamo in breve che manca la fuga stessa, vengono inseriti episodi apparentemente casuali in ambiti anche modali. Una cosa è certa, qui siamo in Do maggiore, nel senso che si inizia in Do Maggiore e si finisce in Do maggiore, in mezzo c'è un pò di tutto.
Ma la vera particolarità sta nell'uso di strutture organizzative numeriche che tendono rompere qualsiasi simmetria.
Come fa notare Cage la struttura si può sintetizzare così:
Tema1° - 8 battute
Tema2° - 8 batt
Divertimento1° - 8 batt+1
Tema3° - 8 batt
Divertimento2° - 8 batt+1+1
Tema4° - 8 batt
Divertimento3° - 8 batt+1+1+1
+3batt
Tema5° - 8 batt
Divertimento4° - 3 batt
Tema6° - 8 batt
Tema7° - 8 batt
Finale - 3 batt
Quindi abbiamo i numeri 3, 7 e 8 come elementi costitutivi dell'intero brano.
L'approccio rigoroso fa forse accostare il nome di Satie a quello di Webern, ed è sicuramente notevole lo sforzo innovativo del compositore francese a 46 anni, in una situazione economica non delle più favorevoli eppure pronto a lanciarsi in nuove sfide artistiche anche molto personali e quasi "invisibili", se non fosse, appunto, per gli strumenti analitici che altri musicisti possono utilizzare.
Bisogna anche ricordare che quando Cage scriveva dell'importanza della musica di Satie erano gli anni '50 e si era nel bel mezzo della "bufera di Darmstadt", dove i celeberrimi ferienkurse avrebbero influenzato più di una generazione di musicisti e compositori impostando in modo fin troppo autoritario il metodo "seriale" come unica alternativa per far progredire l'arte dei suoni. Il suo Messia era stato individuato appunto in Webern. Cage da buon dissacratore ma anche con ampio spirito pragmatico promosse la musica di Satie a suo personale modello affiancandolo a quello che forse sembrava già un sistema da superare, ovvero quello della serialità integrale (il carteggio tra Cage e Boulez è in questo senso illuminante).
Musica e matematica, il grande amore che mai tramonterà ma che mai si realizzerà completamente e rimarrà sintomaticamente "platonico"
Fantaisie musculaire
Qui la struttura numerica si fa ancora più serrata ed evidente anche all'ascolto. Brevi motivi vengono ripetuti ostinatamente e si succedono senza soluzione di continuità. Affiancati come pezzi di un collage sembrano svuotare la forma musicale. 4, 3 e 2 sono i numeri utilizzati. Una cadenza, reminiscenza barocca, ed un lungo glissato cromatico sembrano essere i riferimenti ai "muscoli" del titolo che nel complesso non sembra un brano virtuosistico. Le poche alterazioni rendono l'armonia abbastanza stabile ed il brano si conclude su uno stupendo accordo di La min arioso ed ampio, come è scritto sulla partitura: très large.
Conclusioni
Io credo che la vera innovazione della musica di Satie sia di aver presagito il concetto di "ripetizione come variazione" poi elaborato dai compositori minimalisti, penso soprattutto a Steve Reich e non a Philip Glass.
Quella di aver pensato la musica come "processo" e ponendosi come vero Maestro di Cage in questo senso. Rendere l'ascoltatore partecipe di un "processo", di un cambiamento graduale del ritmo e della melodia, come fa molta musica pop ed elettronica dagli anni 80 in poi.
Ripetere una frase, utilizzare accompagnamenti reiterati significava porre davanti all'ascoltatore una forma riconoscibile e ricongiungibile alla musica di "intrattenimento" praticata da Satie stesso al Le Chat Noir.
Ma questa evidente banalità viene ripetuta meccanicamente, in modo quasi alienato per essere subito abbandonata per passare ad un altra banalità, una catena di montaggio di banalità. La società dei consumi sembra aderire a questo tipo di approccio "usa e getta" musicale. Le frasi di Satie sembrano dei moderni campionamenti, base di molta musica attuale di grande impatto sociale. Ascoltare sempre qualcosa che si conosce già ma farlo come un amnèsico, o come se si avesse un dejavù, dimenticando dove si è ascoltato il motivetto orecchiabile in precedenza ma senza sforzarsi di riportarlo alla mente, tanto ne sta arrivando già un altro.
Satie è un ponte che collega molti elementi, il mestiere del compositore con il musicista della domenica, la musica "da tappezzeria" con l'ascolto ascetico, l'alto con il basso, il colto con l'incolto. Abbiamo bisogno di questo ponte, la musica contemporanea, anche la più "ostica" in realtà ha solo bisogno di un pò di fiducia e la musica di consumo ha bisogno solo di un pò di sfiducia. Devono esserci entrambe, guai a voler patteggiare per l'una o per l'altra.
Abbiamo bisogno di equilibrio e per imitazione guardare o ascoltare i passi felini del funambolo Satie sulla corda ci fa provare quel senso di bilanciamento che spesso ci spaventa e che ci fa cadere nella rete di protezione, sicura e confortevole...sede di un ragno carnivoro gigante!