martedì 27 ottobre 2020

Rotte Atlantiche 1°episodio - Musica in America del Nord

 

Plus Ultra

Questo post ed il prossimo sono la "trascrizione" sommaria dei miei due interventi in occasione del Festival "Medintorpigna" svoltosi tra il 16 ed il 18 e tra il 23 ed il 25 Ottobre 2020 al parco Sangalli nel quartiere di Torpignattara a Roma. Agli organizzatori, nella persona di Laurent Andreoli, va il mio ringraziamento per avermi "gettato" in questo Oceano di musiche, ringrazio tutta la sua famiglia ed i collaboratori  - Flor, Marcello, Hector, Arthur, Valentina e il Brigante - per il supporto e la fiducia dimostratami

Questa è una storia oceanica. Ne conosciamo le sponde ma non sappiamo da dove giungono i flutti di questo vasto mare. Arriva alle caviglie ma non osiamo tuffarci, la risacca è troppo forte. Ma lo osserviamo e ne ascoltiamo il canto, ogni giorno. Sembra parlarci, sotto il fragore delle onde si sente una voce che racconta una storia, ininterrottamente. Io ho provato ad ascoltarla, ho provato anche a raccontarla a mia volta.

L'Atlantico.

Il mare ignoto degli antichi. Il limite della nostra civiltà. Ad Oriente sì, si può andare. Ad Occidente c'è l'Oceano. Le colonne d'Ercole sono poste su questo limite con un monito: "non plus ultra". È un limite fisico e mentale. Se il tuo corpo riuscisse a sopportare questo viaggio utopico la tua mente ne rimarrebbe sconvolta. E allora voltati e torna indietro.

Ma nel momento stesso in cui viene proclamato un divieto nell'uomo si insinua il tarlo della curiosità. E allora Odisseo inizia il viaggio, e con lui i marinai cantati in "Itaca" di Lucio Dalla: "se ci fosse ancora mondo...sono pronto, dove andiamo?". E allora ecco il motto di Carlo V: "plus ultra". Si può andare oltre. Si è andati oltre con Cristoforo Colombo, il limite invalicabile è stato valicato.

Ho sempre temuto il viaggio senza meta. Imbarcarmi all'avventura mi ha sempre spaventato. Mi sento più a mio agio nell'immaginare questi viaggi. Leggo e immagino, questo e tutto. Questa volta ho letto molte storie che riguardano il viaggio della musica su questo oceano, l'Atlantico, che mi hanno portato lontano ed in molti luoghi, sul Mayflower, a Tenochtitlàn e nel convento di Ephrata, a Guanahani e sul molo del porto di Goree, nelle sale da ballo di Rio de Janeiro ad ascoltare Chiquinha Gonzaga o nelle strade di San Francisco de Yare mascherato da diablo danzante. Poi mi sono perso..e mi sono ritrovato in una peña con mia madre a Buenos Aires.

E quanto ancora c'è da scoprire? Cercherò qui di esprimere in modo sintetico quegli eventi, quei personaggi, quelle musiche che mi hanno colpito maggiormente e articolerò il post in due "capitoli":

1 - LA MUSICA NELLE COLONIE DEL NORD AMERICA (New England)

2 - LA MUSICA NELLE COLONIE LATINO AMERICANE E NEI CARAIBI

Non sarà un viaggio cronologico né un viaggio storico ma di impressioni, meraviglie, scoperte, paure, pericoli e avventatezze.

Partiamo quindi dal Nord, da Francis Drake in California nel 1579 e dall'isola di Roanoke, chiamata la "lost colony" dove nacque la prima bambina figlia di coloni. Nel 1607 siamo a Jamestown con John Smith e Pocahontas in Virginia (dalla Regina "Vergine" Elisabetta d'Inghilterra). Un "forte" assediato e abbandonato. La compagnia delle Indie Inglesi aveva tentato più volte di stabilire una rotta commerciale nel Nuovo Mondo. Con ampio ritardo rispetto all'ormai consolidato impero Spagnolo. 

Tutto inizia, secondo la narrazione nazionalistica degli Stati Uniti, dal New England. I puritani. Elisabetta I. La fuga verso terre sconosciute dove poter vivere senza persecuzioni. Uno sparuto gruppo di uomini e donne  che sul Mayflower, esattamente 400 anni fa, attraccò a Cape Cod facendo subito riecheggiare Inni e Salmi in lode di Dio Onnipotente.

Si cantava a memoria basandosi su testi come quello redatto da Henry Ainsworth o lo Sternhold and Hopkins, oppure come il famoso Bay Psalm Book, primo libro stampato in assoluto in America del Nord (1638), di cui l'unica copia a noi arrivata è stata venduta nel 2013 per la somma esorbitante di 14.165.000 $...e pensare che si tratta di un testo senza musica stampata, fatta eccezione per alcune pagine.

Chi ne doveva far uso aveva in mente già diverse musiche armonizzate a quattro voci (abbastanza elementari a dir la verità) adattabili facilmente ai servizi religiosi calendarizzati. Questa facilità sarà il segno premonitore del forte pragmatismo artistico che distingue l'approccio americano all'arte: la musica se non è corretta o se è monotona non fa niente, l'importante e poter cantare la propria fede in libertà, lontani dalle restrizioni cultuali della madre patria, dove da poco si era imposta la chiesa Anglicana che voleva fare piazza pulita di tutte quelle eresie che potevano intralciare lo sviluppo "spirituale" del futuro Impero Britannico. L'Impero che a breve diverrà il più esteso e potente di tutti i tempi. Che di spirituale aveva ben poco.

Got it?

E poi America land of freedom: nel 1681 William Penn ed i suoi Quakers (Quaccheri) fonda la Pennsylvania (i boschi di Penn) e l'anno dopo Philadelphia, la città dell'amore fraterno, dove viene proclamata la libertà di culto religioso. Quaccheri, Mennoniti, Pietisti Tedeschi, esuli Svedesi vi si trasferiscono in massa.

William Penn

Anche questa è una caratteristica degli Stati Uniti, ha nella sua storia radicato il concetto di libertà, concetto che spesso però viene a mancare, soprattutto per quei milioni di schiavi che l'hanno portato in forma solida in corteo sulla schiena. Ma comunque quel concetto, quell'idea c'è. 

In Pennsylvania dovevano risuonare dei canti assai curiosi. Con la tecnica del Lining Out l'officiante, detto "Precentor", cantava un tema e la congregazione ripeteva in massa. Con il tempo questo fenomeno iniziò a degenerare. Pare che le modalità di esecuzione fossero spesso di scarsa qualità e con ampio margine di interpretazione da parte dei partecipanti, tant'è che nel 1721 il Reverendo Thomas Walter scriveva nel suo "Fondamenti e regole della musica spiegati, ovvero l'Introduzione all'arte di cantare con le note":

Le melodie erano miserevolmente torturate e massacrate e finivano, in alcune chiese, in un orrida cacofonia di rumori confusi e discordanti. Molto spesso si perdeva in <tremolii> e svolazzi canori, ma non c'erano nemmeno due cantori della congregazione che <tremolassero> insieme e nello stesso modo: cosa che doveva suonare alle orecchie di Dio Giudice come cinquecento differenti melodie urlate tutte nel medesimo tempo

Ben arrivata, Musica! 

Ma il nuovo uomo non si cura di queste finezze e già nel 1731 a Boston si svolgeva il primo concerto pubblico della storia dell'America del Nord...e poco ci mancava che non fosse stato il primo concerto pubblico della storia in assoluto perché di poco preceduto dai concerti londinesi e dai Concert Spirituel Parigini. Insomma gli Americani sono subito per l'entertainment.

Troviamo in questo contesto le storie di personaggi come Johan Conrad Beissel ad Ephrata che con i suoi redemptioners tedeschi fonda la sua città e educa i suoi compagni in tutte le discipline, senza avere le necessarie nozioni, ma intanto lo fa! Il grande pragmatismo americano sta nascendo! Stessa storia a Bethlehem, città fondata e nominata, in modo vagamente ambizioso, dai Moraviani capeggiati dal conte von Zinzerdorf. La città divenne un importante centro musicale. Qui venivano eseguite opere di Bach, Abel, Haydn, Mozart e nel 1770 fa la sua comparsa sulle scene il Messiah di Haendel, il quale venne udito prima dai futuri Americani che nella terra natia del compositore sassone! 

Poi abbiamo William Billings, un altro padre della musica americana che però non faceva "di mestiere" il musicista, era bensì un conciatore; si unì così alla folta schiera di fabbricanti di pettini, avvocati, cappellai, carpentieri che nel tempo libero si dedicavano all'arte dei suoni, a volte anche con un pò di vergogna; e come biasimarli se lo stesso Benjamin Franklin scriveva nel 1793:

Per l'America un maestro di scuola vale più di una dozzina di poeti, la invenzione di una macchina o il perfezionamento di un utensile sono più importanti di un capolavoro di Raffaello...Niente è buono e bello se non nella misura in cui è utile.

Ed è Franklin che sta parlando, il quale si distinse, oltre che per le sue attività politiche, scientifiche, sportive e financo alimentari (fu uno dei primi difensori del vegetarianismo) anche per essere uno dei primi esecutori e perfezionatori della Glass Harmonica, uno strumento tanto bizzarro quanto affascinante (Mozart, Beethoven, Donizetti scrissero brani per questo strumento). 

Benjamin Franklin suona la Glass Harmonica
La forte richiesta di semplificazione e diffusione del nuovo modo di fare e pensare la musica coinvolge anche la notazione musicale. Venne inserito il sistema chiamato "FaSolLa", dove ai troppo complessi nomi delle note(!) vengono sostituite solo tre note, appunto, Fa-Sol-La; quindi la scala diatonica da DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI divenne FA-SOL-LA-FA-SOL-LA-MI mantenendo gli stessi rapporti intervallari di Toni e Semitoni.
Inoltre venne cambiata la forma grafica delle note utilizzando Quadrati, Cerchi e Triangoli al posto delle troppo complesse (!!) teste delle note.

                                 

Anche il pentagramma risultò troppo difficile da utilizzare (!!!) e venne semplicemente abolito. Il risultato è questo..

In realtà tutto ciò mi fa pensare alle importanti metodologie di didattica e pedagogia musicale utilizzate al giorno d'oggi negli Stati Uniti. Non posso non pensare che questi tentativi, magari rudimentali, di semplificazione della grammatica musicale siano una caratteristica importante che ha reso la musica targata USA particolarmente adatta alla contemporaneità.

Il percorso della musica nel New England riceve un brusco rallentamento a ridosso dell'evento più importante della storia Americana: la Guerra di Indipendenza. Dal 1775 al 1778 si ascolteranno sul suolo Americano soprattutto marce e canti militari. Una fra tutte si distingue per la sua notorietà e curiosità: Yankee Doodle. Questo brano era straordinariamente cantato inizialmente non dai coloni e futuri americani ma bensì dagli Inglesi! I primi quattro versi del testo recitano: 

Yankee Doodle went to town/A-riding on a pony/Stuck a feather in his cap/And called it macaroni

Lo "yankee" è appunto l'Americano, in particolare ci si riferisce a quei soldati di umili origini coinvolti nel conflitto. "Doodle" è uno stupido, un tonto di scarse capacità mentali che cavalca un pony, badate bene, non un cavallo! Ha una piuma sul berretto e lo si chiama "macaroni". Con questa frase invece si fa riferimento al fatto che l'Americano agli occhi degli Inglesi ostenta una eleganza che dovrebbe collocarlo nell'alta società da cui invece è escluso non avendo il retaggio culturale europeo. Egli quindi si atteggia e si veste come un uomo alla moda, al passo coi tempi, raffinato, a la page (praticamente un Hipster!), ma che evidentemente non riesce a tradire le sue origini umili, contadine e bifolche. "Macaroni" in particolare è un riferimento alla moda portata in Gran Bretagna di usi alimentari presi in prestito dalla nostra bella e sugosa Italia, già allora vista come patria dei "mangia pasta"!

Ma la cosa veramente strana è che dopo le prime vittorie riportate da parte dell'esercito Yankee la canzone fu riutilizzata e "rimbalzata" verso gli inglesi dagli stessi americani che ne erano l'oggetto di derisione. In un gesto di riappropriazione satirica tanto curioso quanto efficace l'esercito Americano canterà Yankee Doodle d'ora in avanti come un canto patriottico. Il testo non subì modifiche ma venne "rispedito al mittente" e visti gli esiti della guerra pare funzionò lodevolmente al suo scopo. 
Dopo il 1776 la musica riprende il proprio percorso e direi la sua impennata. Nel 1800 il Great Revival, il grande risveglio spirituale e religioso, genera un esplosione di canti religiosi diffusi su tutto il territorio nazionale. Più di 500 Inni circolano nella giovane America. Mentre in ambito profano sale da concerto vengono aperte in diverse città, e nel 1825 viene rappresentata a New York la prima opera lirica della storia americana la quale non poteva che essere Il Barbiere di Siviglia. La "prima" del capolavoro rossiniano si era tenuta nel 1816 a Roma, non molti anni prima; la musica americana sta riprendendo terreno rispetto alla tanto bramata musica colta europea. 
Questa dipendenza o sudditanza o senso di inferiorità musicale è un altra caratteristica di buona parte della musica americana del passato. Una corsa continua all'emulazione degli stilemi musicali europei, ma soprattutto tedeschi ed italiani, si avvia a partire dal 18° secolo. Si potrebbe al riguardo confrontare la vita e la musica di due compositori esattamente contemporanei, uno e James Hewitt, nato il 1770 e morto il 1827. L'altro...non ve lo dico ma egli è forse il simbolo stesso della composizione musicale nella tradizione classica europea e direi mondiale (un aiutino: scapigliato, butterato, non particolarmente bello, burbero...e sordo). Provate ad ascoltare un brano dell'uno e dell'altro e fatevi un idea.
Nello stesso 1825, nella stessa New York, troviamo invece un curioso negoziante, che insegna anche letteratura italiana al Columbia College. Un italiano che ha la passione per il teatro e che pare fosse in buoni rapporti con Mozart. 
Lorenzo Da Ponte

L'Europa si fa sempre più vicina e l'Atlantico sempre più piccolo.
Si diffondono inoltre svariate canzoni e canzonette su temi di attualità come l'inaugurazione di una linea ferroviaria, sui i primi tram a cavallo, sull'abolizione della schiavitù e l'uso (o abuso) di alcolici (pro e contro). E qui possiamo identificare la "vena d'oro" di quella che sarà la musica folk, country, pop degli Stati Uniti che ha creato coesione, identità e appartenenza culturale in tutto il paese. L'Europa inizia a guardare oltre oceano con altri interessi. Tra il 1820 ed 1840 svariate famiglie di origine Bavarese, Austriaca o Svizzera vengono attirate dal nuovo mercato musicale che si stava sviluppando dall'altra parte dell'Atlantico. La Rainer Family a Boston canta brani di ogni genere: sentimentale, tragico, comico, realistico. Parlano al popolo con il linguaggio del popolo (magari con un vago accento tedesco).

La Hutchinson Family riscuote un enorme successo e affronta temi sociali come emancipazione e la libertà per i meno fortunati (gli schiavi).
Hutchinson Family

La Trapp Family diffonde negli StatiUniti la musica Folk germanica e la musica sacra. Questo spiega come mai possiamo trovare nella prima musica country l'utliizzo della tecnica vocale detta yodel presa in prestito proprio da queste famiglie "canterine".
Sempre nel 1820 (quante cose in così poco tempo) appare nei teatri di provincia, nelle sale da concerto e nelle strade dei piccoli villaggi americani uno dei fenomeni socio-culturali più interessanti del 19° secolo.
Il Ministrel Show
Un teatro che potremmo chiamare di varietà dove si alternavano scene recitate, comiche o sentimentali o liriche, a canzoni e brani da ballo fra i più diffusi e in voga del momento, anch'essi con temi di attualità ma più spesso satirici e buffoneschi. E chi erano l'oggetto principale di queste farse in musica? La popolazione di colore! Nelle due figure principali del negro cencioso del sud chiamato spesso "Jimmi Crow" e del negro del nord che imita i modi dei bianchi, il "long tail blue" che si spaccia per dandy di rango troviamo espressi i due poli opposti del razzismo che tuttora affligge la popolazione Afro-America. Se non sei integrato nella società è perché sei povero e non ti sei realizzato nella vita. Se ti sei integrato è perché hai tradito le tue origini e ti sei finto ciò che non sei, un bianco!
   
                                        


Ad interpretare questi personaggi ci sono i neri? Assolutamente no, che scandalo sarebbe! Allora gli attori si tingono la faccia di nero, disegnano delle grandi labbra bianche e assumono pose ridicolizzanti per immedesimarsi con il personaggio (un pò come nel vecchio spot televisivo anni '80 delle liquirizie!). Ne imitano le movenze, la camminata, la parlata, l'accento e caricano pesantemente ogni difetto per strappare una risata agli spettatori. Ma lo sberleffo, la caricatura, il ridicolo ha una forza che investe non solo la persona o la situazione derisa. Come nel caso di Yankee Doodle. Nel Ministrel Show osserviamo un importante fenomeno sociale che diverrà in seguito preminente in tutta l'industria e la diffusione della musica non solo americana. Lo si potrebbe chiamare "sbiancamento musicale". 
Senza evitare scabrosi fraintendimenti si potrebbe definire questo fenomeno come l'appropriazione di musiche e danze di origine "nera", nello specifico degli schiavi che ormai da secoli sono stati forzatamente trapiantati in nord America, da parte dei bianchi e soprattutto del futuro show business che tanto influenzerà l'economia statunitense. In maniera brutale: il bianco si appropria della musica del nero e la commercializza tramite artisti ed interpreti bianchi. 
(Esempi: Benny Goodman "sbianca" il Jazz; Elvis "sbianca" il rock and roll; Gli Abba "sbiancano" la musica Funky; Michael Jackson è la sintesi finale, "sbianca" se stesso, e diviene un Ministrel al negativo) 

La spinta ritmica e melodica della musica cresciuta e sviluppata all'interno delle comunità dei lavoratori neri, schiavizzati dallo strapotere americano, viene "emancipata", viene anche diffusa ed accetta e diviene veicolo di emancipazione ma viene anche valutata e venduta, e chi possiede il controllo del flusso economico in America? Esclusivamente i bianchi. È vero che un musicista di colore come Newport Gardner (n.1746-m.1826) si guadagna la libertà e riesce a diventare forse il primo insegnate di musica nero della storia, ma rimarrà un caso più che sporadico. Il Ministrel Show inserendo stili "negri" nelle canzoni scritte dai bianchi apre la porta ad influenze ritmiche, melodiche e coreografiche direttamente derivate dalla musica nera.
Questo meccanismo economico rudimentale non coinvolge solo la musica e la sotto cultura afro-americana ma comprende anche quegli strati sociali meno abbienti, quella fascia di popolazione di origine rurale e periferica che inizia a popolare soprattutto il sud degli Stati Uniti. Il simbolo di questo "tipo" di americani potrebbe essere a mio avviso Stephen Foster.
Foster cresce in un piccolo paese, Lawrenceville, Pennsylvania. Qui non subisce le influenze della cultura esterna, quella che circola fra le grandi città. Qui si ascoltano solo spirituals, cantanti girovaghi e divertenti Ministrel Show. La passione per la musica c'è ma viene subito tenuta a bada! Bisogna trovarsi un lavoro. Un impiego come contabile andrà benissimo. Però a casa gli resta questa voglia un po infantile ed incomincia a scriver canzoni. Per caso un giorno incontra un editore, un certo W.C. Peters, il quale con grande, grandissima, diciamo anche spudorata fortuna si interessa alle canzonette scritte nel tempo libero dal mite Stephen, il quale, essendo appunto estremamente mite (e sprovveduto) regala una canzonetta al gentile signor Peters per ringraziarlo delle sue attenzioni. Il brano è dedicato ad una bella ragazza "vocata" nel titolo stesso della canzone: 
Oh! Susanna
Siamo nel 2020..e la cantano i bambini..di tutto il mondo! 
Non fu l'unica canzone ceduta da Foster: "Old Folk at Home", un altro grande successo, viene svenduta ai Christy Ministrels per pochi dollari. Ee.. ma ora non lo freghi più il vecchio Stephen, ora ha capito come si fa, "vuoi le mie canzoni? Tira fuori i soldi..10 dollari ed è tua! Per sempre...come dici? Non vuoi che risulti il mio nome come autore della canzone? Ok! Fuori i soldi...15 dollari ed il mio nome scompare!". Ora si che si ragiona. Ma le vendite non sembrano ingranare. 10 dollari nel 1850 erano una somma discreta ma quanto ci si poteva campare? A quanto pare poco se nel 1864 il 42enne Stephen fu ritrovato in una triste stamberga a terra privo di vita, con pochi spiccioli in tasca ed una lettera sgualcita e abbozzata in qui si legge l'incipit di quella che sembra una richiesta di aiuto:
 Cari amici e cuori gentili..
Poi più niente. Fino al 1940 in cui divenne il primo musicista eletto nella Hall of Fame di New York divenendo ufficialmente il Padre della musica americana. I padri sanno sempre sacrificarsi per i propri figli. E così la prossima volta che canticchieremo "Oh! Susanna" penseremo per un attimo anche a lui.

E così arriviamo al 1848, la conquista del West, la corsa all'oro. L'aumento di ricchezza ingrassa gli ingranaggi e facilita gli ingaggi nel music business. Grandi virtuosi affluiscono dall'Europa per suonare in America; la cantante d'opera Jenny Lind incassa in pochi anni (e tanti concerti) 350.000 dollari grazie all'impresario P. T. Barnum, una cifra stratosferica persino oggi!

Ormai la musica negli Stati Uniti viene ben retribuita. Louis Moreau Gottschalk, nato a New Orleans nel 1829 da padre Tedesco e madre Spagnola di nobili origini, diviene il primo pianista americano adorato da folle di gentili signore al pari di Franz Liszt. A 13 anni è a Parigi, non viene ammesso al Conservatorio ma viene notato da Chopin e Berlioz. Torna in patria e compone brani come bamboula, ispirandosi a temi creoli e danze africane, banjo, dal titolo esaustivo, jota aragonese, ricongiungendosi all'eredità culturale materna. Il suo successo esplode sino a Buenos Aires (dove, appunto, l'ormai venerato musicista ebbe un infarto)
La musica "colta", "classica" e "upper-class" ha il suo paladino anche negli Stati Uniti.
A questo punto mi si chiederà: ma i canti di lavoro nelle piantagioni? Gli spiritual? Il blues? Il jazz?
Nella mia ricerca ho limitato lo studio proprio nel momento in cui queste musiche apparivano sulla scena. Lo scenario che si apre ora in avanti è veramente troppo vasto e sfaccettato per essere sintetizzato in un post di un piccolo blog autogestito come il mio. La narrazione a cui ho fatto riferimento è volutamente "idealizzata" e cerca di raccontare quello di cui si può più facilmente parlare, ovvero la musica in America fatta dagli americani, i discendenti dei primi coloni, di quelli che hanno fondato città, che hanno vinto la guerra contro gli Inglesi, che hanno creato unità nazionale dopo la guerra civile. È la storia che si racconta nelle scuole americane. Ma tutti questi aneddoti curiosi, queste storielle affascinanti non possono realmente parlare di cos'è stata la musica in quel periodo e di cosa è diventata tra il 19° ed il 20° secolo. 
Se guardiamo le statistiche pare che solo il 4% di tutta la tratta degli schiavi dall'Africa tra il 1619, con l'arrivo delle prime navi "negriere" in Virginia, fino al 1863, anno (formale) dell'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti, dicevamo, solo il 4% di quei 20 milioni di uomini, ed in minor numero di donne e bambini, fu destinato al territorio dell'America del Nord e alle relative colonie. Cionostante gli uomini di cultura Bambara provenienti dall'impero del mali e le donne Wolof prima, seguite dalle etnie Bantu del Kongo-Angola hanno creato il substrato di tutta la storia della musica americana. Come loro la musica è stata catturata, imprigionata, deportata, costretta al silenzio. Ma tragicamente è sopravvissuta più di quei corpi che la danzavano e di quelle gole che la cantavano. 
La resistenza della musica in questa fase unica della storia ha un che di prodigioso, è il vero miracolo dell'epoca moderna. Attraverso i canti di lavoro, attraverso i ring shout, i patting juba, attraverso i canti disperati che invocano la morte, la musica ha tenuto letteralmente in vita migliaia di uomini e donne. 
Per questo non ci sono ascolti musicali in questo post...finora.
Qui di seguito troverete un link che vi rimanderà ad una cartella con degli ascolti di musica tradizionale africana. Un omaggio personale a chi ha portato sulle spalle quella famosa "libertà" resa solida e pesante dagli schiavisti che hanno trasformato il simbolo delle colonne d'Ercole nel simbolo del dollaro..



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